Parola di Prof

Amati e a volte temuti, punti di riferimento per noi studenti, ma a volte anche protagonisti dei nostri incubi notturni (e anche dei nostri meme): i nostri PROF! Abbiamo voluto conoscerli un po’ meglio, capire se si tratti di esseri mitologici, metà uomini e metà libri, o di persone umane come noi e, per farlo, abbiamo deciso di fare un’intervista doppia a due insegnanti che, oltre alla scuola, si dedicano ad altre passioni: la prof.ssa Sara Zollo, docente di Scienze motorie e sportive, e il prof. Alfonso Coviello, docente di Lingua e cultura inglese.

Oltre all’insegnamento si occupa di altro?

Prof.ssa Zollo: Certamente, tante altre cose. Oltre che come passione e hobby, sono istruttrice in una palestra dove insegno fitness, metto in scena vari spettacoli dove esprimo la mia creatività.

Prof. Coviello: Sì, suono le percussioni da quasi trent’anni. Ho iniziato per gioco alla fine delle scuole superiori e poi è diventata un’attività fondamentale, perché ha richiesto sempre più impegno e tempo da dedicare, soprattutto con la crescita del gruppo e i vari viaggi che tolgono del tempo al lavoro e alla famiglia. Questa attività ha cambiato la mia vita ed è diventata importante perché mi ha fatto crescere molto e mi ha permesso di fare molte esperienze. Questo viaggia anche in parallelo con l’insegnamento, perché quando salgo sul palcoscenico è un po’ come se stessi in classe davanti ai miei alunni, nel senso che è una sfida poiché sul palco devi proporre la tua musica, fare in modo che il messaggio arrivi e che il pubblico lo apprezzi. La stessa cosa avviene con l’insegnamento in cui ogni giorno dobbiamo trasmettere i saperi e le conoscenze e sperare che i ragazzi recepiscano. È una trasmissione di saperi, esperienze e conoscenze che avviene tanto su un palco quanto poi in un’aula. Per cui le due cose sono andate sempre sullo stesso piano e, dunque, non è un caso che io sia un insegnante e un musicista.

Cosa la ispira a continuare a dedicarsi a questa attività nonostante l’insegnamento?

Prof.ssa Zollo: La passione che c’è in me e, soprattutto, la creatività, la voglia di sfogarmi, portare fuori le mie energie. Inizialmente la scuola non era nei miei piani, era la mia ultima spiaggia, e volevo essere stilista. Mi vedevo proiettata in un mondo pieno di colori, sempre in movimento, così diverso dalla scuola, ho sempre voluto creare. E non solo vestiti, anche quadri, sculture, e tutt’oggi lo faccio: realizzo mobili per casa mia, li riciclo; la creatività è sempre stato il motore della mia vita, stare sempre a mille, e che ho portato anche nei miei lavori. C’è qualcosa della mia personalità anche nel lavoro.

Prof. Coviello: Non c’è un nonostante. Certo questi sono impegni che a volte diventano incompatibili, perché non sempre si riesce a conciliare queste due attività, ma ho sempre fatto in modo che le due cose potessero procedere senza problemi. In questo l’insegnamento mi ha aiutato, perché mi ha dato maggiore flessibilità nell’organizzazione del mio lavoro pomeridiano, per cui non ho dovuto fare tanti sacrifici. È chiaro che ci sono state delle scelte in merito al tempo da dedicare a un’attività piuttosto che a un’altra, ma sono sempre riuscito a portare avanti entrambi gli impegni.

In quale momento ha capito che voleva fare questo?

Prof.ssa Zollo: Sin da quando ero piccola in realtà.

Prof. Coviello: Io penso che la musica, così come l’insegnamento, siano nel DNA delle persone: mi sono accorto di questa predisposizione quando riuscivo a portare il tempo ascoltando delle canzoni. Con ciò ti accorgi che nel tuo DNA c’è qualcosa legato al ritmo, alla musica. Quindi già alle scuole medie ho iniziato a coltivare la mia passione, anche grazie all’aiuto della famiglia che mi ha comprato la prima batteria.

Spieghi la sua passione in una frase o una parola.

Prof.ssa Zollo: COLORI. Perché i colori richiamano tutto: lo stile, le forme, la sostanza, esprimono la vita. I colori sembrano così banali, ma influenzano tutto. Il lutto è nero. Il bianco è nascita. Il rosso è passione. O prendi il viola, che è soggettivo! C’è chi lo vede come sfiga, chi come porta fortuna. I COLORI sono per me la base della vita.

Prof. Coviello: La parola è IMPEGNO, perché la musica è effettivamente impegno e lo è stato anche per me nonostante all’inizio tutto sia nato per gioco. Anche per organizzare il gruppo, i viaggi e molto altro ci vuole impegno. In Italia la musica è vista troppo come hobby, un’attività secondaria, in realtà ci vuole tanto studio e dedizione. Quindi, IMPEGNO mi sembra la parola giusta.

Chi è il modello che l’ha ispirata?

Prof.ssa Zollo: Io vengo, diciamo, da una famiglia di artisti, come le mie zie: una di loro è una pittrice, ha portato avanti la sua passione dal liceo artistico, e l’altra è un’insegnante e fa riciclo creativo, in maniera un po’ diversa da me.

Prof. Coviello: Più che modello è stato un maestro, si chiama Alfio Antico, ed è uno dei più bravi percussionisti italiani. Ho avuto la fortuna di seguire il suo seminario per un anno a Napoli ed è stata un’esperienza fantastica. Ricordo che in quel periodo da Benevento raggiungevo Napoli solo per seguire le sue lezioni. Vedere questi maestri dal vivo è tutta un’altra cosa. In quelle lezioni mi ha insegnato tanto ed è stato un riferimento importante soprattutto dal punto di vista tecnico. È stata una figura davvero fondamentale.

Ha dovuto compiere molti sacrifici per giungere dove è ora? Ne è valsa la pena?

Prof.ssa Zollo: Per me non sono mai stati sacrifici, parlando della scuola, perché le mie altre passioni sono arrivate da sole lungo la via, mentre fare il concorso e iscrivermi al TFA è stata una mia scelta. Nonostante la mia vita sia sempre stata piena di impegni, adesso realizzo che sono sempre stata io a crearmeli, perché la mia mente deve lavorare, deve creare, ho proprio quest’esigenza. Forse il mio relax lo trovo nel creare, non nello stare ferma a guardare la tv, e per questo non mi è mai pesato questo percorso così pieno. Ho sempre pensato sul momento, senza preoccuparmi del domani, senza farmi distruggere la mente da pensieri negativi. Per quanto ci fossero, ad esempio, tre giorni brutti davanti a me, io pensavo al quarto, a quello bello. La cosa fondamentale è capire i propri limiti e le proprie potenzialità, conoscersi bene per comprendere il lavoro che si vuole fare, la direzione da prendere. E sono soddisfatta, perché in questo modo nella mia vita riesco a fare tanto anche fuori dal lavoro.

Prof. Coviello: Sicuramente ne è valsa la pena. I sacrifici sono stati tanti però poi, quando salivo sul palco o incidevo un disco con il mio gruppo, tutti i sacrifici fatti non li avvertivo, perché il risultato era talmente soddisfacente da non sentirne il peso. Quando c’è la soddisfazione tutto il peso del lavoro passa in secondo piano e non te ne accorgi nemmeno.

Il Covid-19 ha influito sulle sue passioni?

Prof.ssa Zollo: Tantissimo, per me è stata una rinascita. Sapete perché? Perché con il Covid io mi sono fermata, una cosa che non mi è mai capitata nella mia vita frenetica. Mi sono trovata a casa ventiquattr’ore al giorno, ho vissuto casa mia, ho potuto vivere le mie passioni ora per ora invece che nei ritagli di tempo che avevo, ho vissuto la libertà di stare a casa e fare quello che veramente volevo. Ho ovviamente portato a casa anche il lavoro, cercando di dare la carica agli altri, sia a scuola che in palestra. In un mondo che si era fermato io mi sono sentita autorizzata a fermarmi, era una sensazione bellissima.

Prof. Coviello: Certamente sì. Il Covid ha influito molto perché organizzare un concerto diventa quasi impossibile a causa delle tante restrizioni. Immaginare, dunque, un concerto in una piazza al momento è un’ipotesi non praticabile. Per cui tutto il movimento nel periodo estivo, in cui si concentrano la maggior parte degli eventi, è venuto meno. La bellezza di vedere il pubblico insieme, che balla, che canta, che si assembra, negli ultimi tre anni è stato impensabile. Ciò ha influito anche in ambito economico, perché molti gruppi si sono dovuti fermare e molti festival si sono interrotti; la mia paura è il non sapere se e quando si potrà riprendere. Questa pausa sta scoraggiando musicisti e organizzatori.

Perché, nonostante la sua passione, ha scelto di fare l’insegnante?

Prof.ssa Zollo: Nella mia famiglia c’è una lunga tradizione di insegnanti: mio nonno, mia nonna, le mie zie e, soprattutto, mia mamma, che mi ha indirizzato verso questo mondo, facendomi compilare le MAD, ossia delle domande di messa a disposizione per le supplenze nelle scuole. Dopo un paio di mesi dall’invio di queste domande, quando in realtà avevo anche rimosso di averlo fatto, mi hanno chiamato: mia madre era felicissima, io un po’ meno, perché era un mondo che non credevo mi potesse piacere, però ho voluto provare comunque, vivendola come un’opportunità. Questa prima supplenza durava 10 giorni, quindi, in realtà, non mi ha lasciato molto, mentre la seconda è durata un anno ed ho insegnato nel Fortore, a Montefalcone: è stata un’esperienza bellissima, forse una delle più belle fatte nella scuola, perché ho scoperto che il mondo dell’insegnamento non era quello che immaginavo. Ero convinta che insegnare significasse stare chiusi dentro quattro mura, lontano dal mio modo di essere, invece lì ho sperimentato un insegnamento diverso, all’aperto, grazie anche al fatto che il paese era piccolino, ma caratteristico e molto carino, e la scuola non era dotata di una palestra. Questo mi ha consentito di portare spesso i ragazzi in un grande parco e ho davvero vissuto il mio ruolo come qualcosa di dinamico: con loro sono riuscita anche ad organizzare diversi spettacoli in piazza, tra i quali ricordo con emozione l’esibizione mia e delle mie alunne in occasione del concerto di Albano Carrisi. Ecco, ho capito che mi piaceva anche questo mondo dell’insegnamento, perché facevo entrare in questo lavoro anche un po’ di me e delle mie passioni.

Prof. Coviello: La verità è che in Italia vivere di musica è molto difficile. L’Italia dovrebbe essere il paese in cui la cultura, la musica dovrebbero dare da vivere, ciò non avviene. Fare il musicista come unica fonte di guadagno, quindi, è impossibile. Non ci sono i presupposti per poter vivere di musica. All’estero invece sì: quando siamo stati in giro per l’Europa, ci siamo resi conto che il rispetto che il pubblico aveva verso i musicisti non c’è in Italia. Anche dal punto di vista economico, perché il trattamento economico che c’è in Italia non può essere paragonabile a quello del resto d’Europa, dove i musicisti riescono a vivere di musica. Quando cresci ti accorgi che effettivamente vivere di musica in Italia è impossibile. E così ciò che ho fatto è affiancare alla musica un’attività lavorativa che mi appassiona ugualmente e che mi ha anche permesso di continuare a suonare.

Come riesce a gestire il tempo tra la scuola, la famiglia e la sua attività?

Prof.ssa Zollo: Organizzandolo. Mettendo al primo posto il lavoro e subito dopo gli hobby, che non mancheranno mai nella mia vita. Io non sono una tipa che programma, non mi è mai piaciuto, sarebbe come costringermi a fare determinate cose, invece voglio essere libera avendo un chiaro disegno in testa di cosa andrò a fare durante la giornata. Nei miei programmi c’è di dedicarmi del tempo, leggendo un libro, facendo una passeggiata a piedi, dipingendo, facendo qualsiasi cosa che mi permetta di concentrarmi solo su di essa e non sulle mille altre. Più che programmare le mie giornate, mi do un’indicazione su quello che ho da fare.

Prof. Coviello: Essere musicista significa anche avere una famiglia che te lo consenta. Bisogna avere la fortuna di avere a fianco delle persone che ti permettano di fare questa scelta, quindi anche di sacrificare del tempo. La fortuna è quella di avere accanto delle persone che ti comprendano e che non ti mettano pressione. Questo è fondamentale perché se sei accanto a qualcuno che non tollera questa situazione, diventa un peso. Bisogna avere un partner o una partner che comprenda la tua situazione, che capisca se sei fuori diversi giorni o torni tardi a causa delle prove o di un concerto, deve accettare questa situazione. Un buon partner oltre che supportare, ti deve sopportare; ma non è facile che tutti comprendano questa situazione e che quindi la tollerino.

Quali emozioni e sensazioni prova quando svolge la sua passione?

Prof.ssa Zollo: La più grande è la libertà, e l’idea di poter creare quello che vuoi. Per me è una cosa bellissima. tradurre quello che immagino in qualcosa di concreto. Tutti i lavori che faccio, li lascio a metà, perché appena mi accorgo di aver realizzato un’idea io la chiudo lì, perché l’esigenza che avevo in me è stata soddisfatta, vedere che un’idea poteva essere realizzata. Per me è la cosa più bella, poter fare tutto con niente, perché la ricchezza ce l’abbiamo dentro di noi, dobbiamo solo portarla fuori: ci basta la creatività!

Prof. Coviello: Ognuno la vive in maniera diversa, l’emozione è diversa da musicista a musicista. Ma l’emozione più grande è quando il pubblico reagisce in un certo modo alla tua musica, apprezzandola e divertendosi o acquistando i tuoi dischi. L’emozione è la soddisfazione, il fatto di capire che ciò che stai facendo lo stai facendo bene. L’emozione più grande è raccogliere i risultati, capire che tutti i tuoi sacrifici non sono stati vani, ma sono stati ripagati. L’emozione per me è stata sempre questa, raccogliere i risultati, e fortunatamente in tanti anni di carriera questo è avvenuto. Per qualcun altro l’emozione potrà anche essere dal punto di vista economico, per me no, è sempre stata la risposta del pubblico, poiché il pubblico ti dà la voglia e la forza di andare avanti: ottenendo risultati si è sempre più stimolati. La reazione è sempre diversa da parte del pubblico. Quando questa emozione viene meno al musicista significa che si è stanchi e bisogna fermarsi a pensare, perché per essere un musicista ci vuole sempre la carica, l’adrenalina. Quindi, quando questa viene meno c’è qualcosa che non va.

Articolo a cura di: Elisa Gravino, Filomena Marro e Ida Pagnozzi

Immagini a cura di: Carmen Campanile

 

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