Natale, che dolcezza!

Quando si avvicina il periodo natalizio è inevitabile rivolgere immediatamente il pensiero ai dolci tipici di questa festa, in particolare per noi campani, in quanto possediamo una solida tradizione gastronomica, famosa in tutto il mondo. Ci sono delle caratteristiche comuni a tutti i nostri dolci natalizi: sono fortemente aromatizzati, mielosi e colmi di cioccolato. Molti hanno uno stretto legame con la religione, infatti sono nati dalle idee di alcuni ordini monastici per deliziare la gola degli aristocratici napoletani. A Napoli specialmente, le suore erano abili pasticciere e profumavano di cioccolato e dei dolci tipici (pastiera, sfogliatelle…).

Alcuni sono stati inevitabilmente dei prestiti storici dalle precedenti sacerdotesse pagane, che elaboravano dolci per celebrare ricorrenze simili alle nostre feste, una volta  dedicate alle varie divinità: notiamo, anche in dolci che non appartengono al periodo natalizio, che sono presenti ingredienti ricorrenti, come il semolino, la ricotta, l’essenza di fiori d’arancio. Questi sono dei simboli della fertilità, tramutati poi in chiave cristiana. Nel Natale, in particolar modo, si notano importanti somiglianze tra la pasticceria napoletana e quella siciliana, diretta conseguenza del medesimo contesto storico: il Regno delle due Sicilie. Le ricette passavano, infatti, di convento in convento, in quanto le suore provenivano quasi sempre da famiglie aristocratiche, ricche, agiate, legate alla politica del tempo e quindi il dolce diventava un “messaggio”, un simbolo a tutti gli effetti.

Durante il periodo natalizio, troviamo sulla tavola mostaccioli, struffoli, panettoni, susamielli, ricciarelli, roccocò, divinamore e torroni: ognuno legato ad una tradizione culturale e storica ben precisa.

I mostaccioli o mustaccioli sono un must have, non mancano mai e sono sempre in grado di avvicinare le persone. La denominazione, in latino “mostaceo”, è data dall’antica ricetta che comprendeva l’impiego del mosto d’uva lavorato attribuendogli una forma romboide, immerso successivamente in una cascata di cioccolato fuso. La ricetta attuale è abbastanza simile, infatti prevede la lavorazione di un blocco di biscotto che può essere a pasta dura o morbida, ricoperta poi con del cioccolato. Grazie alle fonti scritte rinvenuteci, quali il testo “Pranzo alli XVIII ottobre”, possiamo attribuire l’ideazione del mostacciolo al grande cuoco Bartolomeo Scappi.

Insieme ai mostaccioli, si preparano i roccocò, spesso associati all’omonimo movimento artistico. Questo accostamento non è improprio: entrambi derivano dalla parola francese rocaille, cioè un elemento di decoro a forma di roccia o conchiglia. L’impasto è arricchito da buccia d’arancia e mandorle: queste ultime sono un ingrediente fondamentale nelle preparazioni natalizie, perché nel Medioevo costituivano un antico simbolo di Cristo. La nascita dei roccocò viene datata intorno al 1320 grazie alle monache del Real Convento della Maddalena. Caratteristica fondamentale per i roccocò è l’essere croccanti ma non duri all’esterno e morbidi all’interno.

Come non parlare degli struffoli, uno tra i dolci più ben auguranti. Preparati tagliando piccole parti di impasto circolari o a striscioline, fritti in abbondante olio e ricoperti con tanto miele: il simbolo delle lacrime di Cristo. Si crede inoltre che più gli struffoli saranno ben addensati con il miele, più la famiglia sarà unita. Sono infine decorati a piacimento con zuccherini colorati, che si dice portino fortuna. L’etimologia del nome deriva dal greco stroggolos, che rimanda alla loro forma rotonda.

Dolci natalizi meno comuni sono invece i susamielli, il cui nome originale sarebbe dovuto essere sesamielli in quanto ricoperti da semi di sesamo. Tali dolci sono dei biscotti composti da farina, miele, mandorle e pisto. Una notizia interessante riguardante i susamielli è la loro triplice identità storica: i susamielli nobili, composti da glassa di zucchero e buccia d’arancia pestata, i susamielli per zampognari, con scarti di cucina, e i susamielli del buon cammino, principalmente per i pellegrinaggi e per il clero, farciti con marmellata di amarena.

Concludiamo il nostro excursus culinario con il torrone, un dolce diffuso in tutt’Italia. Porta con sé una ricca storia e una lunga tradizione. Due città in particolare si contendono la sua paternità: Cremona e la nostra Benevento. Il termine torrone molto probabilmente deriva dal verbo latino torrere, cioè “arrostire”, in riferimento alla tostatura che viene effettuata della frutta secca. I beneventani ne rivendicano la paternità i quanto lo storico romano Tito Livio nei suoi scritti parla di cupedia, un dolce particolarmente amato dai Romani, molto simile al torrone, che era già diffuso in tutto il Sud Italia nel I secolo d. C. In realtà, si pensa che la sua provenienza sia il Medio Oriente, luogo dove tutti i suoi ingredienti (albumi, zucchero, miele, mandorle) sono tipici. Successivamente fu diffuso dagli arabi nelle regioni meridionali attraverso le truppe militari durante le loro guerre di conquista.

Non vi resta che scegliere il vostro dolce preferito o, perché no, assaggiarli tutti in queste vacanze natalizie!

Articolo e immagini a cura di Delia Damiano, Rossella Mauriello e Natan Casertano

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