Intervista prof Verruso

Oggi la tecnologia, nel bene e nel male, è sempre più presente in tutti gli ambiti della nostra quotidianità. Ormai sta attraversando a gonfie vele il territorio scolastico e svolge un ruolo sempre maggiore nella didattica. Un argomento, questo, che sta molto a cuore al professore Costantino Verruso, che abbiamo con piacere intervistato ai Microfoni del Fermi.

Buongiorno professore. Iniziamo con qualche aneddoto su di lei, prima di immergerci nel vivo dell’argomento. In quali hobby si cimenta nel tempo libero?

Qualche anno fa ne avevo di più, ad esempio il giardinaggio, ma poi gli impegni lavorativi e familiari hanno impegnato la maggior parte del mio tempo. Ora nel poco tempo libero a disposizione mi piace leggere libri e giornali o guardare film, in particolare adoro quelli di Paolo Sorrentino.

E invece quali sono i suoi gusti in ambito musicale?

Posso dire di spaziare molto nei vari generi: ascolto cantautori come Antonello Venditti, Biagio Antonacci, Lucio Battisti … ma anche classici come Frank Sinatra o gruppi storici come i Pink Floyd. E poi, perché no, anche qualche neomelodico napoletano!

Le piacciono i Pink Floyd! È per questo che ha come foto profilo dell’account Google la copertina del loro celebre album “The Dark Side of The Moon”?

Sì, ma non solo. È un’immagine che ha molti significati e che mette in relazione la fisica e la filosofia, una connessione che mi appassiona molto. La copertina rappresenta la luce bianca rifratta da un prisma che si scompone nei vari colori: il fenomeno della rifrazione. È la prova che i nostri cinque sensi non sono sempre in grado di cogliere la realtà: prima della rifrazione vi è solo luce bianca e dunque potremmo pensare che non esistano i colori.  Dopo la rifrazione si ottengono invece tutti i colori visibili all’occhio umano e potremmo pensare che non esista la luce bianca. I nostri sensi starebbero errando in entrambi i casi. Inoltre la rifrazione del prisma rappresenta un altro concetto filosofico che trovo interessante: l’unità che diventa molteplicità e viceversa.

Allora la domanda sorge spontanea: com’è nata la sua passione per la fisica?

È una buona domanda, perché non a tutti piace il proprio lavoro ma per fortuna a me sì. Ho sempre avuto un’inclinazione per le materie scientifiche. Poi all’università tra tutti gli esami quelli che mi hanno appassionato di più sono stati Fisica 1 e 2 al biennio e Fisica Tecnica al triennio, in cui la fisica trovava applicazione nella tecnologia.

Cosa ricorda con affetto della sua adolescenza?

Mi viene in mente una partita di un torneo al liceo dove feci due gol. Ho sempre avuto la passione per il calcio e anche per il basket. Ricordo che nell’Ottanta, dopo il terremoto, la struttura che ospitava il liceo non era agibile. Pertanto alternavamo le lezioni con le elementari tra mattina e pomeriggio presso la loro scuola. Lì c’era un campo da basket e per giocare portavo il pallone da casa tutti i giorni.

A questo proposito, quali differenze nota tra la sua e la nostra generazione?

Senza dubbio che le nuove generazioni vivono quotidianamente la tecnologia e comprendono i cosiddetti nativi digitali. Io ricordo di aver preso il primo computer nel ‘92, quando ancora c’era bisogno di fare un abbonamento ad un provider per accedere ad Internet, oltre alla bolletta telefonica. Pensate che nel ‘92 c’erano appena 130 siti web, mentre oggi se ne contano circa due miliardi, una crescita impressionante! Questo perché l’evoluzione e la diffusione della tecnologia non segue una crescita lineare ma esponenziale. I siti che io consulto di più sono La Repubblica e Il Corriere della Sera, per essere sempre aggiornato sulle nuove notizie.

Che cosa ne pensa invece dell’Intelligenza Artificiale?

Credo che possa essere un valido aiuto ai docenti nell’organizzare lezioni e prove di verifica. Inoltre è certamente uno strumento utile per ridurre i tempi da dedicare alla burocrazia. Oggi non ce ne rendiamo conto, forse perché abbiamo dimenticato com’era un tempo, ma la tecnologia ci aiuta di gran lunga. Abbiamo il vantaggio di poter editare i testi redatti senza dover riscrivere interi verbali o testi daccapo a causa di un errore. Penso anche a quando le circolari venivano portate in classe dai collaboratori scolastici e dovevamo interrompere le lezioni per leggerle. Oggi vengono pubblicate sul nostro sito web o inviate via mail. Per qualsiasi comunicazione abbiamo poi un registro elettronico. È innegabile che l’IA abbia grandi potenzialità, ma anche grandi rischi. Per questo è necessario che i docenti siano preparati a educare con l’IA, ovvero renderlo un valido supporto per l’insegnamento; educare all’IA, cioè spiegare ai ragazzi come va usata, entro quali limiti e far capire loro anche i rischi; educare sull’IA, ossia spiegare che cos’è e come funziona.

Ci sono dei limiti, secondo lei, entro i quali l’IA dovrebbe contenersi?

Non dovrebbe mai diventare totalmente autonoma cioè indipendente dall’intervento umano e in grado di autogestirsi. Anche se con la tecnica dell’apprendimento profondo (Deep Learning) questo in parte già avviene, nel senso che l’IA apprende e si “autoprogramma” autonomamente sulla base dei dati forniti, sia in fase della preparazione dei programmatori che successivamente in fase di utilizzo degli utenti.

A suo avviso, come si evolveranno le metodologie didattiche tra un decennio?

Oggi la tecnologia è già molto presente nella scuola ma per completare la transizione digitale, come richiesto dagli obiettivi del PNRR, è necessario che il digitale entri in aula. Purtroppo, com’è normale che sia, vi è una certa resistenza da parte dei professori ad utilizzare dispositivi e risorse digitali. È opportuno integrare le lezioni con risorse digitali, senza che venga intaccato il proprio personale stile d’insegnamento. Il docente non può e non dovrà mai essere sostituito. Lo scopo è intercettare le preferenze dei ragazzi e migliorarne i risultati di apprendimento. Esistono addirittura i Sistemi di Apprendimento Adattivi supportati dall’IA che fungono da veri e propri tutor personali per i ragazzi. Ma da qui a dieci anni credo che ci sarà una radicale trasformazione e il digitale prenderà il sopravvento con la stessa potenza di uno tsunami. Immagino ad esempio che ogni classe sarà dotata di un armadietto in cui vi saranno i PC necessari agli alunni della classe, senza nemmeno recarsi in aula informatica. Questa digitalizzazione sarà ancora maggiore in altri ambiti della nostra società e per questo io sono dell’idea che dobbiamo preparare gli alunni ad usarla, perché la scuola rispecchia il mondo intero.

Se lei fosse un viaggiatore temporale, in quale epoca, passata o futura, le piacerebbe arrivare e perché?

Mi piacerebbe tornare ai tempi di Cristo, non tanto per l’epoca in cui visse ma quanto per poter dialogare con lui, perché, a prescindere dalla fede o meno di ognuno, è stata certamente una delle figure storiche che maggiormente ha influenzato la società. Come epoca, invece, sicuramente sceglierei di andare nel futuro e magari vedere se si arriverà davvero a fondare delle colonie per vivere su Marte e, anche se sembra fantascienza, vi sono effettivamente già dei progetti in corso.

Ultima domanda: se lei fosse a capo del governo di uno Stato, come utilizzerebbe le nuove tecnologie?

Sicuramente a fin di bene. Credo che il ruolo di ogni capo di governo dovrebbe essere quello di garantire ed estendere il benessere a tutti riducendo al minimo le disparità economiche, razziali e di genere.

Articolo e foto a cura di Rossella Mauriello, Delia Damiano e Alessandro Diodato

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