Angela Maiello

Angela Maiello giovane talentuosa ricercatrice presso l’Università della Calabria, dove insegna Laboratorio di critica digitale e Web e nuovi media, con il suo sorriso ci guida in un interessante confronto sul ruolo transgenerazionale delle donne in Valle caudina e in Italia! Solletica la nostra curiosità e ci fa sperare in un altro incontro formativo che abbia al centro i suoi interessi di ricerca: cinema, filosofia e forme di vita, teorie dei nuovi media, come suggerisce la sua ultima pubblicazione “Mondi in serie. L’epoca postmediale delle serie TV”.

Qual è e com’ é stato il percorso che ha seguito per ricoprire questo luogo?
Sono una ricercatrice dell’università della Calabria e mi occupo di cinema e teoria dei media. Il percorso che ho svolto è abbastanza articolato come per chi occupa un impiego all’università. Io mi sono laureata in filosofia a Roma, alla Sapienza, e poi a Palermo ho conseguito un dottorato con diverse esperienze all’estero. Il periodo in cui cercavo di entrare all’università è stato molto critico per cui all’inizio ho lavorato come project manager, mi occupavo dei media dal punto di vista della creazione, della produzione. Dopo un po’ di tempo sono poi tornata all’università e oggi insegno a Roma e in Calabria. È stato un percorso molto complesso, durante il quale avrei anche potuto mollare tutto e stabilizzarmi, avere un contratto. L’idea di lavorare nel mondo dell’università mi dava la motivazione giusta a continuare per cui ci ho sempre creduto fino in fondo, sono stata anche tanto sostenuta dalla mia famiglia. Questo lavoro però ha significato anche sacrificare il mio tempo libero per il lavoro, anche se questo non mi è mai pesato in quanto se fai una cosa che ti piace la fai volentieri. È stato un percorso che ha richiesto molta determinazione, passione e volontà, e così ho realizzato il mio sogno.

Cosa l’ha spinta a seguire questo percorso?
Lavorare come ricercatrice è una cosa che mi piace proprio, che mi rende felice. Il mio consiglio, difatti, è quello di cercare di fare le cose che ci rendono felici perché a quel punto ci pesano meno, ci stimolano di più e ci rendono la versione migliore di noi stessi.

Ci sono state delle difficoltà che ha incontrato nel suo percorso? In questo caso come le ha superate?
Sì, ci sono state, legate alla precarietà di questo tipo di lavoro, però le ho affrontate credendoci con la consapevolezza che quando uno fa una scelta, anche un po’ difficile, sta rischiando qualcosa. Se rischi consapevolmente non avrai rimpianti e ho sempre affrontato tutto quello che potevo fare con determinazione. Nel momento in cui uno sa che ha fatto tutto quello che poteva, senza rimpianti, recriminazioni, alla fine il percorso ti sembra anche più lineare di quello che non è stato, perché è andato secondo il tuo meglio.

Quali sono le sue ambizioni future?
Sicuramente l’insegnamento, che è un’attività che a me piace molto, con l’ambizione di lasciare un segno in ogni studente, ciò vuol dire in qualche modo fargli vedere aspetti della quotidianità in una prospettiva che magari non aveva valutato prima, stimolando la curiosità di conoscere.

E in ambito non lavorativo?
Dall’altro lato abbiamo la mia vita privata e la mia ambizione è quella di continuare a fare cose che mi piacciono pur avendo tanti impegni, riuscendo a mantenere un equilibrio perché poi ognuno di noi cambia quando fa esperienze diverse, le esperienze stesse cambiano e in qualche modo bisogna sempre rimanere sé stessi anche nel momento in cui cambiano le condizioni.

Ha mai subito discriminazioni in quanto donna nel suo percorso?

Fino ad un certo punto della mia carriera che vuol dire fino a quando ero studentessa, facendo il dottorato, non sentivo di subire alcuna discriminazione anche perché noi ragazze, generalmente, andiamo anche meglio dei ragazzi a scuola. Man mano che vai avanti, soprattutto in determinati ambienti, ti rendi conto che sono ambienti comunque a dominanza maschile cioè ove vi sono molti più maschi che donne. Il punto è che anche caratterialmente noi donne tendiamo ad accogliere, così come nella mia esperienza, le opinioni altrui e spesso i maschi tendono a prevaricare. La discriminazione pertanto non è mai qualcosa di esplicito che puoi apertamente dichiarare, denunciare ma diventa un po’ un’abitudine. In realtà, crescendo, maturando mi sono accorta che così non è; e allora bisogna essere molto attente e agguerrite anche a difendere i propri spazi, in maniera anche più marcata di quello che uno potrebbe pensare sia necessario.

Pensa che il suo lavoro possa essere sostituito dall’intelligenza artificiale?
Potenzialmente volendo si; pensate se mentre si sta preparando una lezione si chiede ad una qualsiasi intelligenza artificiale di fare una lezione su McLuhan, l’algoritmo tramite internet trova tante notizie probabilmente anche accurate svolgendo la funzione di un insegnante. In linea potenziale non mi sento di escluderlo, però veniamo alla domanda: Insegnare vuol dire questo? Cioè insegnare vuol dire trasmettere veramente a degli studenti e delle studentesse informazioni? No, anzi questa è la sfida di tale lavoro, difatti, insegnare significa trasmettere altro e sono abbastanza certa che questo altro, l’intelligenza artificiale, al momento, non ce l’ha e non potrà mai sostituire la relazione insegnante studente.

Ha avuto un’altra donna un’altra persona a cui si è ispirata, a cui si ispira ancora oggi?
Mia madre rappresenta una forma di maternità, anche tipica, caudina. Quando parlo con le donne della mia età ci ritroviamo con lo stesso modello di insegnamento. Com’erano queste donne? Una generazione molto diversa, sono cresciute a metà del Novecento, quando la donna cominciava ad emanciparsi, ma rimaneva comunque ancorata a delle abitudini, a degli stereotipi, come l’accudimento della casa ma c’era anche il lavoro, sempre mirato però a raggiungere un obiettivo come la scuola, la famiglia. Ma tutte queste donne, queste mamme delle mie amiche hanno in qualche modo declinato il femminismo, ripeto in modo tutto caudino, in cui si mischia il valore della famiglia, il valore del lavoro, il valore del contesto sociale in cui si opera con i valori del proprio paese mirando al futuro in modo di essere donna che non significa abbandonare le proprie tradizioni, ma significa in qualche modo emanciparsi.

Come concili la vita privata dal tuo percorso lavorativo?
È molto difficile, già anche solo avere una relazione implica conciliare lavoro e necessità familiari. Io l’ho fatto sempre con l’appoggio della mia famiglia, di mio marito che sono sempre stati fan del mio lavoro. E’ utile creare una rete di conoscenze perché da soli è molto difficile.

Come vede la donna nella società di oggi?
Vedo la donna sempre al centro di questioni, è diventa un po’ la figura al centro di dibattiti, al centro di opinioni, su cui si scatenano più pareri. Vi inviterei però anche a riflettere su come vediamo oggi gli uomini nella società. Per certi versi il nostro percorso è in una direzione a senso unico, sappiamo quello che dobbiamo fare, abbiamo molte difficoltà, ma al tempo stesso – come dire – la vedo più difficile tornare indietro, però credo che sia giusto ragionare anche noi insieme in maniera un po’ intergenerazionale ma anche inter genere sul ruolo degli uomini, non è facile neanche il loro in questa fase storica. Come prima vi dicevo essere radicali nel rivendicare i propri diritti, nel rivendicare i propri spazi all’interno di luoghi di lavoro, di studio et similia; però allo stesso tempo avere anche la consapevolezza che siamo in una fase in cui si sta ridiscutendo tutto, in cui si sta mettendo in discussione ogni tipo di ruolo e quindi questa cosa provoca difficoltà anche agli uomini stessi. Su questo forse un’alleanza ripeto Inter genere, cioè tra uomini e donne, su quali siano i nostri ruoli per ridefinirli perché noi non abbiamo dei modelli, ma neanche loro, può essere
forse utile.

Ha ancora senso nel 2024 di parlare di festa della donna?
Come tutte le ricorrenze è una tradizione, quindi ha senso nel momento in cui hai sempre l’occasione per ragionare su questi temi. Il senso di una festa è anche quello di rinnovarsi, quindi non mi indigno se mi regalano le mimose ecco mi fa anche piacere ma è evidente che come tutte le occasioni, lascia un po’ il tempo che trova. Ha senso nel momento in cui hai l’ennesima occasione per ragionare in maniera più semplice, soprattutto in termini di discorso pubblico. Vedete ora stiamo condividendo una riflessione, per quel che vale, la mia, in maniera collettiva, quindi ha senso per ricreare collettivamente attenzione su determinate questioni.

Quale messaggio vuole lasciare alle giovani donne?
Ripeto, mi rendo conto che avendo a che fare con ragazze dell’università dove c’è molta più consapevolezza di voi che quanto anche non ce ne fosse in noi alla vostra età, forse. Il messaggio che mi sento di lasciare è quello di interrogarsi sempre su ciò che veramente desideriamo, su ciò che veramente ci rende felici e su ciò che veramente ci rende soddisfatte e di perseguirlo… a prescindere da quello che ci rende felice che sia avere una famiglia, che sia avere un determinato lavoro, non importa quello che è, ma l’importante è non mettere la nostra felicità al secondo posto per ragioni che magari possono anche essere considerate valide come sacrificarsi per la famiglia, sacrificarsi per raggiungere una certa posizione economica ecc …

Intervista e foto a cura di EmmaDamiano, Federica Cecere e Sabrina Maione

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